La S.V. è invitata all'inaugurazione della mostra
HOMO PARABELLUM
Personale di
Valerio De Filippis
sabato 26 settembre 2020
ore 18.30
ART GAP Gallery
Modern & Contemporary Art
Via di San Francesco a Ripa 105 / A Roma
26/09/2020 - 9/10/2020
www.artgap.it
e-mail: gap@artgap.it
HOMO PARABELLUM
a cura di Cecilia Paolini
È necessario coraggio per guardare il mondo che si conosce cadere in frantumi, ci vuole esperienza per cogliere l’importanza dell’estetica della guerra, della distruzione. Le opere in mostra sono un’esaltante contraddizione tra il classico locus amoenus, per la maggior parte dotta citazione tratta da celeberrimi repertori dell’arte del passato, e uno scenario di guerra ben più complesso, in cui si rincorrono immagini di distruzione e di violenza con la stessa naturale rappresentazione di qualsiasi altro tema iconografico.
Bignonia capreolata (2019) cm (78 x 224)
tecnica mista su legno
Bignonia capreolata (2019) cm (78 x 224)
mixed media on wood
La cultura del passato, sentita così prossima eppure vagheggiata dall’artista, irrompe nell’ambiente contemporaneo e lo qualifica al di là dello squallore, come se, in retrospettiva, l’istinto primario dell’uomo verso la guerra potesse assumere un valore monumentale al vaglio della Storia. L’archeologia dell’uomo giustifica se stessa e il passato rende importante la miseria del presente. Come per la maggior parte del catalogo di de Filippis, la serie presentata in mostra non coincide con un periodo isolato di studio, ma ha avuto una genesi lontana per una esecuzione che si protrae nel tempo.
L’interpolazione tra pacifico e bellico, tra passato e presente, però, è la caratteristica che accompagna praticamente tutti i lavori: nell’Estetica della guerra 02, eseguito nel 2009, quindi esemplare tra i primi elaborati su questa tematica, lo scenario bellico contemporaneo lascia il passo a una citazione di Francois Boucher (1742, olio su tela, Parigi, Louvre);
Estetica della guerra 02 (2009) cm (50 x 40) olio su legno
Aesthetics of war 02 (2009) cm (50 x 40) oil on wood
Francois Boucher: Diana al bagno
(1742, olio su tela, Parigi, Louvre)
Francois Boucher: Diane sortant du bain
(1742, oil on canvas, Paris, Louvre)
interpolazione ancor più forte è presente in Ratto (2020): le bellissime fanciulle, tratte dal repertorio rubensiano (Pietro Paolo Rubens, Ratto delle figlie di Leucippo, 1615 ca., olio su tela, Monaco, Alte Pinakothek), non vengono rapite dai Dioscuri ma da due ipertecnologici soldati.
Ratto (2020) cm (40 x 50) olio su legno
Rape (2020) cm (50 x 40) oil on wood
Pietro Paolo Rubens: Ratto delle figlie di Leucippo
(1615 ca., olio su tela, Monaco, Alte Pinakothek)
Peter Paul Rubens: Rape of the Daughters of Leucippus
(about 1615, oil on canvas, Munich, Alte Pinakothek)
Estetica della guerra 01 (2009) cm (50 x 40) olio su legno
Aesthetics of war 01 (2009) cm (50 x 40) oil on wood
Pierre-Auguste Renoir: Diana cacciatrice
(1687, olio su tela, Washington, National Gallery of Art )
Pierre-Auguste Renoir: Diana the Huntress
(1687, oil on canvas, Washington, National Gallery of Art )
In questa caleidoscopica carrellata della pittura più alta che la storia dell’arte ricorda, de Filippis non dimentica l’autocitazione, evidentissima in Papaver rhoeas (2020) dove a sinistra di chi guarda si mostra l’uomo piegato su se stesso, protagonista di molteplici lavori dell’artista, ormai divenuta una delle sue cifre stilistiche più conosciute (Figura, tecnica mista su tavola, 2007).
La guerra distrugge ma costruisce la Storia, nulla è indistruttibile poiché niente si perde nella memoria: uno spettacolo terrifico eppur reale che è astante nell’esistenza dell’uomo.
Papaver rhoeas (2020) cm (53,5 x 40) olio su legno
Cecilia Paolini Papaver rhoeas (2020) cm (53,5 x 40) oil on wood
Homo Parabellum.
Valerio de Filippis, Art Gap gallery
Scritto il 29 SETTEMBRE 2020
All’Art Gap Gallery si può ammirare l’ultima produzione di quadri di Valerio de Filippis, che continua la sua ricerca storica sull’uomo, colto nelle sue più aberranti sfaccettature.
Anche se questo punto non è spiegato nel comunicato stampa e nemmeno nel testo critico di Cecilia Paolini, mi affido a quello che mi lascia intuire il titolo che, a mio avviso, è emblematico della mostra in quanto evidenzia l’aspetto drammatico della vita che subiamo, fatta di guerre e distruzioni per colpa dell’uomo, appellato parabellum per l’appunto.
Nuovo Ordine Mondiale (2020) cm (55 x 28) olio su legno
New World Order (2020) cm (55 x 28) oil on wood
Distruzioni e morte di una società disumanizzata che si ravvisano in una pittura che narra lacerazioni sociali, di membra, di forme che si tendono oltre il possibile, sino a dissolversi. Per capire bene la mostra e il quadro che più di tutti la rappresenta e che vediamo nella presentazione, non si può fare a meno di citare il testo di Cecilia Paolini: "L’interpolazione tra pacifico e bellico, tra passato e presente, però, è la caratteristica che accompagna praticamente tutti i lavori: nell’Estetica della guerra 02, eseguito nel 2009, quindi esemplare tra i primi elaborati su questa tematica, lo scenario bellico contemporaneo lascia il passo a una citazione di Francois Boucher (1742, olio su tela, Parigi, Louvre).; interpolazione ancor più forte è presente in Ratto (2020): le bellissime fanciulle, tratte dal repertorio rubensiano (Pietro Paolo Rubens, Ratto delle figlie di Leucippo, 1615 ca., olio su tela, Monaco, Alte Pinakothek), non vengono rapite dai Dioscuri ma da due ipertecnologici soldati."
Bagnanti (2020) cm (57 x 29) olio su legno
Bathers (2020) cm (57 x 29) oil on wood
Una pittura colta e impegnata che si scontra con la storia, quadri che tentano di arginarne gli effetti più nefasti, un dramma teatrale che viviamo sulla pelle e che una malefica regia ci costringe a non scendere dal palco.
Fashion Tiger (2004) cm (70 x 100) olio su legno
Fashion Tiger (2004) cm (70 x 100) oil on wood
Lady in the dark (2004) cm (70 x 100) olio su legno
Lady in the dark (2004) cm (70 x 100) oil on wood
Insomma una personale molto impegnativa, che Valerio de Filippis, con molta professionalità, da artista consumato, gestisce con opere di grande efficacia. Una mostra forte di grande impatto che non delude le aspettative nemmeno dello spettatore più smaliziato.
Giovanni Lauricella
Figura, paesaggio, macchina(2005) cm (100 x 80) olio su tela
Figure, landscape, machine (2005) cm (100 x 80) oil on canvas
Progetto per un feto bionico transumano deforme (2022)
tecnica mista su legno, strutture elettroniche, led. cm (54 x 84)
Il titolo è molto forte. Come nasce?
Il quadro che dà il titolo alla mostra è nato da una gettata di colore liquido su di una tavola posta in piano. La forma che si delineò sembrava un feto. E così lo trasformai in un esserino al cui interno, tramite apposite piccole finestre, si notano delle strutture elettroniche illuminate da led. Questo feto sono sempre io in un autoritratto immaginario. La parola “deforme” allude ad una deformità morale. Perché, alla fine dei conti, se da una parte assistiamo al superamento dei limiti psicofisici, dall’altra vi è inevitabilmente una perdita. La perdita della fragilità e della consapevolezza della finitezza umana, attraverso, non dimentichiamolo, l’aspetto del prolungamento della longevità. In altre parole, quello che si otterrebbe, secondo il mio sentire prettamente emozionale e intuitivo, dovrebbe consistere nello smarrimento, fino alla privazione, di quella tensione spirituale della quale la creatività non può fare a meno, che deriva proprio dal sentimento della finitezza, dal rapporto con lo spazio e il tempo. L’abbandono del corpo biologico, privato della sua corruttibilità, porterebbe ad un rapporto malsano e morboso con il tempo della vita, alla quale secondo me, ognuno è chiamato per scriverne e lasciarne un senso.
Figura Zero (2005)
tecnica mista su legno, cm (110 x 80)
È successo che durante la creazione, un’opera ha preso una piega diversa rispetto alle intenzioni iniziali?
Sì, qualche volta mi è capitato di mentire a me stesso senza accorgermene. Dunque, un soggetto che pareva essere al centro del mio interesse in quel dato momento naufragava nel colore, per poi riaffiorare con ciò che veramente volevo esprimere. Essendo un essere cibernetico e transumano esclusivamente negli autoritratti, sono soggetto all’errore e lo dico in tutti i sensi.
Giovanni Zambito.
Malfunction (2023)
tecnica mista su legno, circuiti elettronici, led. cm (88,5 x 49)
PROGETTO PER UN FETO BIONICO TRANSUMANO DEFORME
di Francesca Perti
“Valerio De Filippis, con Progetto per un feto bionico transumano deforme, porta al punto più alto la sua riflessione sull'essere: la paura di essere e quella del divenire altro. Lo fa attraverso una serie di autoritratti che diventano il suo amuleto esorcistico personale. L’autoritratto, nel corso del tempo, ha dimostrato di essere molto di più di una semplice rappresentazione fisica dell'artista, è soprattutto un mezzo per esplorare le proprie contraddizioni interiori, un viaggio verso l'autoconoscenza personale e politico.
Per De Filippis, ricercatore dello spirito, uomo di idee al pari di ogni filosofo, l'autoritratto è un modo per indagare, non solo quello che di sé non conosce, ma anche quello che si vorrebbe essere e la paura di diventarlo. [...] Progetto per un feto bionico transumano deforme è un’autobiografia onnivora e selvaggia, un’autobiografia virulenta dove l'ottica dello spettatore viene continuamente catapultata entro lenti deformanti.
De Filippis è nudo, ci offre le sue diverse facce e le sue innumerevoli forme, venendo così risucchiati dalla sua chimica nervosa. Opere come Flames/ Darkness, Ibiscus o gli Androidi, caratterizzate da un segno solido come il cemento, rappresentano non solo la rivelazione, la presa di coscienza e l'apertura al futuro, ma anche l'interesse dell'artista per il transumanesimo o post umano, la curiosità di esplorare le possibilità immaginative create dalla nuova tecnologia. L'Androide è una proiezione di quello che De Filippis potrebbe diventare ed è un divenire che incuriosisce emoziona e intimorisce.
Tutte le opere di De Filippis recano in sé un germe di autodistruzione, proprio per la continua tensione a sperimentare; sono trame elettriche di energia pittorico - corporale: è un
Dorian Gray che fagocita il suo mostro, caricandolo di movimento ed energia.”
(dal testo critico di Francesca Perti)
Valerio De Filppis (Pozzuoli (NA), 5 marzo 1960) inizia la sua ricerca artistica nel campo della pittura nel 1980 a Bari, poco prima prima del conseguimento della maturità scientifica (1982). Compie numerosi viaggi all'estero stabilendosi nel 1992 per due anni a Bruxelles. Dal 1994 vive e lavora a Roma dove nel 2003 fonda lo Studio E.M.P. (Experimental Meeting Point) studio d'arte, luogo di interscambio espositivo e confronto culturale e tecnico tra artisti di qualsiasi linguaggio. Vincitore di numerosi premi, è stato invitato a diverse rassegne, anche internazionali. Del suo lavoro si sono interessati in più occasioni la stampa e la radiotelevisione italiana. Le sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private. Attivo dal 1980 nel campo dell'iperrealismo, negli anni Novanta vive la prima fase di distacco dal realismo figurativo verso esperienze tendenti all'astrattismo. Dal 2003 conduce una ricerca pittorica sperimentale attraverso l'uso di colori e materiali non tradizionali. Soggetto delle sue opere è il corpo umano, prevalentemente maschile, ad eccezione del ciclo sulla mitologia delle Sirene. Nel 2001-02 si è avvicinato alla pittura neoespressionista conducendo una ricerca su tematiche legate ai comportamenti umani aberranti, generando, in occasione di una mostra ad Orvieto, controversie che sconfinavano in un'interrogazione parlamentare. Negli anni 2004-'06 ha lavorato ad opere a tecnica mista tra pittura e computer art, con il ciclo denominato "Frammenti". Nel 2007 realizza la sua prima installazione, un video e alcune opere concettuali. Nel 2010 è autore di alcune performance, due delle quali estreme. Dal 2013 comincia a sperimentare la videoart, il montaggio video e la composizione musicale, quest'ultima avvalendosi sia di software per elaborazione di Musica Concreta, sia studiando pianoforte e chitarra. Nel 2015, dopo aver musicato con voce alcune liriche di William Blake, realizza "Musica per Riccardo III", con testi originali di William Shakespeare. Nell’aprile 2017 termina il film “The Mirror and the Rascal”, con testo originale del Riccardo III di W. Shakespeare, che si caratterizza per talune trovate surreali e sperimentali, e per la contaminazione fra teatro, cinema e videoart. La prima del film viene proiettata a Roma il 12 giugno 2019 al cinema Azzurro Scipioni. Dal 2018 studia pianoforte classico e teoria musicale, proseguendo comunque l’attività pittorica.
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