PERFORMANCES
Ideazione e sceneggiatura della performance intitolata “DOVE SONO I MIEI POETI ?” nell’ambito della mostra personale di Vincenzo Busà, Roma, novembre 2006, Domus Romana Art House, diretta dal regista Massimiliano Perrotta. Performer: Stefano Benassi, Barbara De Blasio. Editing audio: Valerio de Filippis. Consulente musicale: Francesco Pietrella.
Realizzazione del videoart “EXPERIMENTAL MEETING POINT” (2007, 4 minuti), scritto, diretto e interpretato da Valerio de Filippis. Assistente: Francesco Pietrella. Editing audio: Valerio de Filippis. Backnoise: Tangerine Dream. Montaggio: Silvio Baglivo. Riprese: Hary Daqua.
Performance nell’ambito della body-art estrema, “FUROR MORENDI, VIVERE E MORIRE PER FINTA” Performance (monologo e cutting action) - (15 luglio 2010) Roma, Passover Lab.
A cura di Cecilia Paolini e Hary Daqua. Riprese di Valerio Savaiano.
Performance cutting action "BOURGEOIS", (maggio 2010) Roma, Passover Lab.
Servizio fotografico di Sergio Angeli.
Performance “IL REDUCE”, nell’ambito del progetto "BAGNO IDEALE", (dicembre 2010 - gennaio 2011) Roma,
“Dodici Pose” - “Opera Unica”. A cura di Cecilia Paolini e Hary Daqua. Riprese di Valerio Savaiano.
Performance "LA POESIA ORALE", Roma, “Il Laboratorio” - 19 marzo 2011. A cura di Cecilia Paolini. Riprese di Antonio Gabbiani.
Performance interattiva ”LO SPECCHIO”. Specchio e autoritratto: due modi di guardarsi. La perdita del sé nello specchio, il suo disvelamento nell'autoritratto. Roma, Frane Letterarie, 7 dicembre 2012. Editing video: Luca Merloni.
“DOVE SONO I MIEI POETI ?”
il video sarà caricato a breve
“EXPERIMENTAL MEETING POINT”
“FUROR MORENDI, VIVERE E MORIRE PER FINTA”
15 luglio 2010
FUROR MORENDI
Da una performance ideata da Valerio de Filippis per strappare il proprio stato emotivo dalla panìa dell’indifferenza esistenziale, il gruppo artistico Casal de’ Pazzi ne ha tratto un’installazione vivente su tema dell’annullamento della volontà creativa e sull’appiattimento della coscienza di sé dell’uomo comune contemporaneo. La performance (FUROR MORENDI) e l’installazione (BIANCO BORGHESE) sono state organizzate presso il centro espositivo Passover.
TIPOLOGIA: Performance
DATE: 15 Luglio 2010
LUOGO: Passover (ROMA)
PATROCINI: Regione Lazio, Comune di Roma
CURATORI: Cecilia Paolini, Hary Daqua
ARTISTI: Sergio Angeli, Blokulla, Valerio de Filippis, Valerio Savaiano, Emanuele Omega Gorga, Fabio Chiapparelli
Nell'ultimo decennio della sua trentennale attività, Valerio de Filippis ha condotto una ricerca, iconografica e stilistica, riguardante il significato ultimo dell'esistenza umana. L'incessante studio delle diverse percezioni e condizioni d'animo ha portato a una sorta di sindrome da assuefazione emozionale. Per far proprie le condizioni esistenziali delle diverse tipologie umane, l'artista ha in qualche modo perso la capacità di vivere le proprie percezioni, fino al punto di non provare più stimoli emotivi. In questo limbo spirituale, vivere o morire sembra essere una soltanto una condizione contingente, poiché ogni avvenimento, positivo o doloroso che sia, viene vissuto da Valerio de Filippis con la totale assenza di emotività, con una non intenzionale negazione dei sentimenti data dall'abitudine.
La performance, dunque, si sviluppa secondo una logica rovesciata: l'intendimento è di agire sullo stato emotivo dell'artista attraverso una sorta di sfida apotropaica della morte. Lo svolgimento è molto semplice: in uno spazio circoscritto, l'artista, davanti al pubblico che assiste, affigge l'avviso della propria morte datata il giorno dopo l'evento dopo essersi tagliato con una lametta il volto. L'affissione avviene in modo solenne con il chiaro intento di sfidare il destino, imprevedibile e beffardo, per ritrovare quella tensione esistenziale così fondamentale per dipingere; in altre parole, l'atto di superbia nell'atteggiamento sprezzante verso la morte ha lo scopo di riattivare nell'animo dell'artista la pulsione verso la vita e verso la morte, ciò che Sigmund Freud sinteticamente spiegava come Eros e Thanathos ("Al di là del principio di piacere" - Jenseits des Lustprinzips).
La morte, quindi, annunciata artificialmente in una sorta di invocazione laica, viene istigata tramite un atteggiamento esistenziale tipico dell'uomo che sfida gli dei: il peccato di ubris, che si palesa attraverso la mancanza di timore per la possibile punizione del fato, innesca il meccanismo psicologico contrario per cui l'artista torna di nuovo a temere la morte. Il superamento della paura istintiva della propria morte, funge da scorticatoio morale per l'animo dell'artista, che, per contrapposizione, ritrova il senso della propria emotività. Questa azione, che conserverebbe la sua necessità logica anche se avvenisse in privato, si svolge in uno spazio aperto al pubblico per la volontà di utilizzare la presenza degli astanti come una sorta di attestazione di ufficialità, una cassa di risonanza per quel sentimento di ubris che si va trasformando in un rinnovato quanto umano timore per la morte e coscienza della propria vita.
Più che per la superstizione popolare secondo cui il nominare la propria morte è foriero di cattivo destino, il pubblico avverte empaticamente lo stato morale dell'artista poiché, nonostante possa non condividere l'assuefazione emotiva provata da Valerio de Filippis, è stimolato al superamento della condizione mentale della "profezia che si autoavvera", l'autosuggestione condizionante per cui chiunque malvolentieri annuncerebbe la propria morte, tra l'altro in modo così solenne e spettacolare, per paura che, per una buffa coincidenza del destino o per potere autosuggestionante, appunto, tale annuncio possa trasformarsi in fatto concreto. La ratio di ferirsi all'inizio dell'azione ha un duplice significato: da un lato stempera la superbia del gesto di sfida attraverso un atto di umiliazione fisica, una sorta di atto sacrificale che garantisca all'artista di non essere annichilito dal rinnovato timore della morte; dall'altro segna l'atto semioforo della rinascita, spirituale e artistica; è il rituale di passaggio verso una vita artistica altra, purificata attraverso il sangue che scorre via e che in qualche modo esorcizza l'ipotetica venuta della morte.
Da questo volontario scorticamento morale dovuto a un sostanziale svuotamento esistenziale, il gruppo "Casal de’ Pazzi" ha tratto ispirazione portando la tematica in una dimensione non più personale, ma sociale, verso una riflessione sull’annullamento della volontà creativa e sull’appiattimento della coscienza di sé dell’uomo comune contemporaneo. Sergio Angeli, Valerio Savaiano ed Emanuele Omega Gorga hanno dunque creato un’installazione vivente composta da un salottino con i simboli della tipica famiglia medio-borghese (televisore, Corriere dello Sport sul tavolo, cagnolino di media taglia…) tutto dipinto di bianco dove due attori discorrono mentre fanno zapping da un canale all’altro della Tv. L’azione di Valerio de Filippis si svolge accanto a questa installazione. La colonna sonora della serata inaugurale, anche questa composta per tale progetto, porta la firma di Blokulla.
fotografie: Lucia Elvira Sansotta
Clio Crescente
1 - Proiezione mentale nell'azione
2 - Momento di raccoglimento interiore prima dell'azione.
3 - Inizio rappresentazione Bianco borghese
4 - Proiezione su installazione vivente Bianco borghese
5 - Entrata in scena, affissione del manifesto funebre tra due quadri miei.
6 - Assunzione di alcool, prima di scartare la lametta.
7 - Azione di cutting
8 - Cutting eseguito...
9 - Seconda parte del testo, "Sangue è memento"...
10 - Dopo la declamazione e dopo aver impregnato il manifesto col sangue.
11 - Conclusione e inizio uscita di scena.
12 - Conclusione, attesa.
13 - Conclusione, panoramica.
14 - Panoramica, spenta la proiezione, silenzio.
15 - Panoramica: pubblico durante la performance.
16 - Primo piano manifesto.
Referto, prima pagina.
Referto, seconda pagina.
18 luglio 2010
"FUROR MORENDI": POST EVENTO
Al progetto “Furor Morendi” abbiamo creduto tutti, a partire da me e Hary Daqua che con ammirazione per la sensibilità di Valerio de Filippis abbiamo sostenuto questo progetto difficile da molti punti di vista, e proprio per questo anche con una certa dose di coraggio. Hanno scommesso gli artisti Sergio Angeli, Valerio Savaiano, Emanuele Omega Gorga, che hanno ampliato il progetto caricandolo di profondi significati sociali, e tutti gli altri “frequentatori” di Passover che concretamente lo hanno reso possibile.
Ha dato prova di fiducia Blokulla, autore dell’indimenticabile colonna sonora dell’evento. Sarebbe potuto essere un bel fallimento: la performance di Valerio de Filippis sarebbe potuta essere interpretata come una ripetizione delle infinite azioni autolesioniste che popolano il panorama dell’arte contemporanea da ormai quarant’anni a questa parte, l’istallazione “Bianco Borghese” sarebbe potuta risultare pretestuosa, o noiosa… il caldo di luglio avrebbe potuto far desistere anche i visitatori più dotati di buona volontà.
Non è andata così: l’estate non ha fermato l’interesse e per quanto qualcuno ha supposto che la ferita in piena guancia con cui Valerio de Filippis ha concluso la sua performance fosse il frutto di un “effetto speciale”, il grido esistenziale di chi ha necessità di vivere in piena coscienza di sé è stato ascoltato. Come prova inconfutabile, riporto il commento di un colto visitatore, purtroppo rimasto anonimo, che ha affidato il proprio pensiero alle rime di Ardengo Soffici:
Vestito da clown allora
Infarinato dipinto
Con un ciuffo scarlatto e un cuore
Verde fra ciglio e ciglio,
potrei ballare,
Cantare
Ridere
Ultimo dio in maschera sur un filo
Teso fra il principio e la fine
Su questo gorgo nero d’umanità
che domanderebbe il bis.
"BOURGEOIS"
fotografie di Sergio angeli
“Il reduce”
La poesia orale
”LO SPECCHIO”
Progetto per un feto bionico transumano deforme (2022)
tecnica mista su legno, strutture elettroniche, led. cm (54 x 84)
Il titolo è molto forte. Come nasce?
Il quadro che dà il titolo alla mostra è nato da una gettata di colore liquido su di una tavola posta in piano. La forma che si delineò sembrava un feto. E così lo trasformai in un esserino al cui interno, tramite apposite piccole finestre, si notano delle strutture elettroniche illuminate da led. Questo feto sono sempre io in un autoritratto immaginario. La parola “deforme” allude ad una deformità morale. Perché, alla fine dei conti, se da una parte assistiamo al superamento dei limiti psicofisici, dall’altra vi è inevitabilmente una perdita. La perdita della fragilità e della consapevolezza della finitezza umana, attraverso, non dimentichiamolo, l’aspetto del prolungamento della longevità. In altre parole, quello che si otterrebbe, secondo il mio sentire prettamente emozionale e intuitivo, dovrebbe consistere nello smarrimento, fino alla privazione, di quella tensione spirituale della quale la creatività non può fare a meno, che deriva proprio dal sentimento della finitezza, dal rapporto con lo spazio e il tempo. L’abbandono del corpo biologico, privato della sua corruttibilità, porterebbe ad un rapporto malsano e morboso con il tempo della vita, alla quale secondo me, ognuno è chiamato per scriverne e lasciarne un senso.
Figura Zero (2005)
tecnica mista su legno, cm (110 x 80)
È successo che durante la creazione, un’opera ha preso una piega diversa rispetto alle intenzioni iniziali?
Sì, qualche volta mi è capitato di mentire a me stesso senza accorgermene. Dunque, un soggetto che pareva essere al centro del mio interesse in quel dato momento naufragava nel colore, per poi riaffiorare con ciò che veramente volevo esprimere. Essendo un essere cibernetico e transumano esclusivamente negli autoritratti, sono soggetto all’errore e lo dico in tutti i sensi.
Giovanni Zambito.
Malfunction (2023)
tecnica mista su legno, circuiti elettronici, led. cm (88,5 x 49)
PROGETTO PER UN FETO BIONICO TRANSUMANO DEFORME
di Francesca Perti
“Valerio De Filippis, con Progetto per un feto bionico transumano deforme, porta al punto più alto la sua riflessione sull'essere: la paura di essere e quella del divenire altro. Lo fa attraverso una serie di autoritratti che diventano il suo amuleto esorcistico personale. L’autoritratto, nel corso del tempo, ha dimostrato di essere molto di più di una semplice rappresentazione fisica dell'artista, è soprattutto un mezzo per esplorare le proprie contraddizioni interiori, un viaggio verso l'autoconoscenza personale e politico.
Per De Filippis, ricercatore dello spirito, uomo di idee al pari di ogni filosofo, l'autoritratto è un modo per indagare, non solo quello che di sé non conosce, ma anche quello che si vorrebbe essere e la paura di diventarlo. [...] Progetto per un feto bionico transumano deforme è un’autobiografia onnivora e selvaggia, un’autobiografia virulenta dove l'ottica dello spettatore viene continuamente catapultata entro lenti deformanti.
De Filippis è nudo, ci offre le sue diverse facce e le sue innumerevoli forme, venendo così risucchiati dalla sua chimica nervosa. Opere come Flames/ Darkness, Ibiscus o gli Androidi, caratterizzate da un segno solido come il cemento, rappresentano non solo la rivelazione, la presa di coscienza e l'apertura al futuro, ma anche l'interesse dell'artista per il transumanesimo o post umano, la curiosità di esplorare le possibilità immaginative create dalla nuova tecnologia. L'Androide è una proiezione di quello che De Filippis potrebbe diventare ed è un divenire che incuriosisce emoziona e intimorisce.
Tutte le opere di De Filippis recano in sé un germe di autodistruzione, proprio per la continua tensione a sperimentare; sono trame elettriche di energia pittorico - corporale: è un
Dorian Gray che fagocita il suo mostro, caricandolo di movimento ed energia.”
(dal testo critico di Francesca Perti)
Valerio De Filppis (Pozzuoli (NA), 5 marzo 1960) inizia la sua ricerca artistica nel campo della pittura nel 1980 a Bari, poco prima prima del conseguimento della maturità scientifica (1982). Compie numerosi viaggi all'estero stabilendosi nel 1992 per due anni a Bruxelles. Dal 1994 vive e lavora a Roma dove nel 2003 fonda lo Studio E.M.P. (Experimental Meeting Point) studio d'arte, luogo di interscambio espositivo e confronto culturale e tecnico tra artisti di qualsiasi linguaggio. Vincitore di numerosi premi, è stato invitato a diverse rassegne, anche internazionali. Del suo lavoro si sono interessati in più occasioni la stampa e la radiotelevisione italiana. Le sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private. Attivo dal 1980 nel campo dell'iperrealismo, negli anni Novanta vive la prima fase di distacco dal realismo figurativo verso esperienze tendenti all'astrattismo. Dal 2003 conduce una ricerca pittorica sperimentale attraverso l'uso di colori e materiali non tradizionali. Soggetto delle sue opere è il corpo umano, prevalentemente maschile, ad eccezione del ciclo sulla mitologia delle Sirene. Nel 2001-02 si è avvicinato alla pittura neoespressionista conducendo una ricerca su tematiche legate ai comportamenti umani aberranti, generando, in occasione di una mostra ad Orvieto, controversie che sconfinavano in un'interrogazione parlamentare. Negli anni 2004-'06 ha lavorato ad opere a tecnica mista tra pittura e computer art, con il ciclo denominato "Frammenti". Nel 2007 realizza la sua prima installazione, un video e alcune opere concettuali. Nel 2010 è autore di alcune performance, due delle quali estreme. Dal 2013 comincia a sperimentare la videoart, il montaggio video e la composizione musicale, quest'ultima avvalendosi sia di software per elaborazione di Musica Concreta, sia studiando pianoforte e chitarra. Nel 2015, dopo aver musicato con voce alcune liriche di William Blake, realizza "Musica per Riccardo III", con testi originali di William Shakespeare. Nell’aprile 2017 termina il film “The Mirror and the Rascal”, con testo originale del Riccardo III di W. Shakespeare, che si caratterizza per talune trovate surreali e sperimentali, e per la contaminazione fra teatro, cinema e videoart. La prima del film viene proiettata a Roma il 12 giugno 2019 al cinema Azzurro Scipioni. Dal 2018 studia pianoforte classico e teoria musicale, proseguendo comunque l’attività pittorica.
Tags